Ascoltiamo la musica proveniente da Auschwitz con Suzy Zail

Ovviamente il romanzo di Susy Zail tratta di un argomento a me molto caro e che mi interessa Tantissimo: l’Olocausto e la Seconda Guerra Mondiale.

Nonostante l’argomento devo dire, purtroppo, che questo libro non mi è piaciuto granché. L’ho trovato abbastanza banale e troppo facile da leggere.

È la storia di una ragazzina ebrea di circa 15 anni, talentuosa pianista, che assieme alla sua famiglia viene deportata nel famigerato campo di Auschwitz. Separata dal padre, i primi momenti nel campo li vive con la madre, che per il dolore della situazione impazzisce e muore subito dopo, e la sorella Erika, che anche lei muore di stenti e malattia. Ma Hanna, grazie al suo talento, riesce a salvarsi dalle atrocità del campo di sterminio e viene “assunta” dal comandante del lager per intrattenere lui, la sua famiglia e gli ospiti.

La storia potrebbe essere interessante. Ma gli sbalzi temporali presenti o non si avvertono, e quindi non si capisce in quale epoca ci si trovi, oppure sono troppo lunghi come distanza temporale. Di conseguenza lo scorrere del tempo non è ben scandito: mi sono ritrovata catapultata subito a distanza di mesi senza che me ne sia accorta. Tutto ciò porta il lettore ad essere spiazzato e destabilizzato.

Sinceramente, non l’ho capito questo romanzo, non ha suscitato in me alcun sentimento, anzi, mi è sembrato piatto ed asettico. Addirittura ho sospettato che l’autrice parteggiasse un po’ con i nazisti. Ma questo dubbio si è sciolto, andando avanti con lettura: la Zail non voleva dipingere i nazisti come eroi.

Certo, mi rendo conto che non tutti possono essere John Boyle, autore di “Il bambino con il pigiama a righe”, ma almeno la Zail avrebbe potuto applicarsi un po’ di più.

 

Consiglio:

Si può tranquillamente evitare di leggerlo perché di sicuro non è un libro sull’Olocausto.

Tufffiamoci insieme ad Irene nel mar Egeo.

Storia di Irene è una poesia, e Erri de Luca è davvero un poeta. Un poeta dell’anima. È un libro di poesia, anzi è un romanzo (?) poetico. È una poesia lunga oltre 100 pagine. Come tale, secondo me, non va letto tutto insieme, ma a seconda di come è il proprio umore e del proprio stato d’animo… almeno, io leggo le poesie a seconda dell’umore. E comunque, questo libro l’ho letto d’un fiato perché non riuscivo a staccarmi dai protagonisti e dalla loro voglia di salvarsi.

I protagonisti delle tre storie sono alla ricerca della salvezza personale e altrui. Infatti i soldati che tentano di salvare un ebreo, sanno che la sua salvezza passerà attraverso la loro salvezza; la salvezza del vecchio sono i ricordi; la salvezza di Irene è il mare.

Mare, acqua, da sempre l’elemento di salvezza e purificazione: l’acqua del battesimo cancella il peccato, l’acqua trasformata in pioggia, in letteratura, è l’elemento che lava via la pesantezza della vita. E così, Irene vive in un’isola del mar Egeo e termina la sua vita tra le onde, i soldati, per sfuggire ai tedeschi, salpano per Capri e sulla loro barca trova riparo anche un ebreo, il vecchio si siede davanti al mare e inizia a ricordare i tempi della guerra.

Secondo me la storia più toccante fra le tre è quella di Irene, in quanto Erri De Luca ha proprio messo tutto se stesso. È la storia di una ragazzina di appena 14 anni, orfana e sordo muta. È venuta al mondo dal mare, accompagnata dai delfini e buttata sulla terra ferma. Irene è etichettata come una poco di buono, infatti un marinaio di passaggio approfitta di lei e da questa unione nascerà un bambino. Partorisce in mare aperto, aiutata dai delfini, e una volta affidato il suo bambino alla terra, Irene è libera di ritornare nel suo elemento naturale, il mare.

È una poesia alla vita, in cui ognuno di noi si può rispecchiare. Eh si, in questa sua “Storia di Irene” mi sono rispecchiata molto. Irene siamo noi nel mare della vita, che nonostante ci tenga fra le sue catene con il solo scopo di farci male noi non riusciamo a resistere al suo richiamo e corriamo nel suo ventre.

CONSIGLIO:

Da leggere con emozione.

J. K. Rowling e il suo seggio vacante.

Rowling, un nome una garanzia… Che scrittrice! Adoro questa autrice, è davvero brava: può anche scrivere un libro di dieci mila pagine, ma io lo leggerò sempre d’un fiato.

Ovviamente ho scoperto questa scrittrice come autrice del famosissimo maghetto Harry Potter. Come tutto il mondo direi. La sua scrittura è davvero impareggiabile. La Rowling ha quella rara capacità di farti sentire orfana dopo che hai letto un libro. Infatti aspetto ancora il ritorno di Harry Potter… Si lo so, c’è stato “La maledizione dell’erede” una piéce teatrale scritta dalla Rowling con altri autori, ma non è stata la stessa cosa.

Ritornando a questo romanzo, posso dire che è stato davvero coinvolgente e fin dall’inizio: la Rowling crea curiosità attorno ai personaggi. È un romanzo scritto bene e soprattutto tradotto bene. Ci sono delle genialiate di scrittura davvero interessanti, come ad esempio le parentesi che fungono da flashback o servono a dare spiegazioni. L’intreccio è davvero costruito bene, le storie dei personaggi sembrano delle rette: viaggiano in maniera parallela e sembrano destinate a non incontrarsi mai, ma in realtà si incontrano in un punto e poi continuano a proseguire per la loro strada.

Questo è uno di quei libri che se avessi comprato a prezzo pieno non me ne sarei pentita (infatti questa copia che ho letto l’ho pagata meno di 5 €). Si lo so, parlo sempre dei prezzi però purtroppo questo è il periodo della crisi e i soldini scarseggiano. Nonostante ciò non voglio privarmi di un vizio, da cui non guarirò mai, e quindi sto attenta a comprare edizioni economiche piuttosto che libri appena usciti. Questo non è tanto un bene per questo blog, ma purtroppo non posso fare altrimenti.

Nonostante questo tasto molto dolente cerco di leggere autori “nuovi” (almeno per me) o di cui non mai sentito nominare. Pazienza.

 

Consiglio:

Non deve mancare nelle librerie

La storia di Maggese e l’anima degli abitanti

 

La storia di Maggese è un libro un po’ particolare. Innanzitutto partiamo dal fatto se mi sia piaciuto o meno. Non so se è un libro che mi è piaciuto. Obiettivamente è un bel libro, scritto bene e spero un giorno di poter leggere uno di questi brani in un’antologia delle scuole medie.

È classificato come romanzo, ma io non sono d’accordo. È riduttivo “chiamarlo” romanzo perché è la Storia (con la S maiuscola) di un paese intero: ogni personaggio racconta la storia di un altro abitante che inevitabilmente si intreccia con il narratore di turno.

D’altronde nei paesi piccoli è così: tutti sanno la storia degli altri e presentano ogni abitante secondo il proprio punto di vista. Lo so bene io questo dato che vivo in provincia di Taranto, in un paesino di 3.500 abitanti che si chiama Faggiano. Ci si conosce tutti. O meglio tutti sanno la storia degli altri e questo perché o si è parenti, o si è andati a scuola insieme oppure si frequentano gli stessi posti. Questo è un bene e un male allo stesso tempo.

Mentre leggevo questo libro, ogni tanto mi dovevo fermare e rileggere il titolo del libro per assicurarmi che stesse parlando di Maggese e non di Faggiano. Forse proprio per questo, per il fatto che mi abbia toccata così tanto da farmi pensare che parlasse anche di me, che non so se mi sia piaciuto o meno.

È la Storia raccontata attraverso l’anima e gli occhi degli abitanti stessi che vivono in questo luogo di incanto e disincanto. Si parla tanto di vita, vitalità e filosofia di vita ma tutto ciò si scontra con la morte di un ragazzo, Adam, per leucemia. Una morte che colpisce tutti e tutti ricordano ciò per la tristezza  che essa comporta ma anche per ricordarsi che loro sono ancora vivi e che devono andare avanti con i propri sogni.

Forse è un libro poetico non solo perché in alcuni tratti è scritto in versi ma anche per alcune sue descrizioni. Danzare con il vento è davvero bello.

Tanti sono stati i brani che mi sono piaciuti. Molti mi hanno commossa, soprattutto quelli riguardanti Adam e Felicity, sua madre, e altri che mi hanno annoiata.

Consiglio:

leggete e riflettete.

 

Cioccolato e Sacher che passione!

Quella per la Sacher è davvero una passione la mia. Eh si, ogni anno per il mio compleanno me la faccio. Tranne questo compleanno perché mio padre proprio il 7 marzo, giorno del mio compleanno, ha fissato la data della gastroscopia per me. Ovviamente abbiamo litigato per questo e purtroppo non ho potuto rimandare la gastroscopia perché altrimenti ci sarebbero voluti altri 6 mesi per avere un altro appuntamento. Mio padre per giustificarsi mi diceva che tanto avrei potuto mangiare visto che la gastro era per le 8 del mattino… è vero, però dopo la gastro ho avuto tutto lo stomaco in subbuglio quindi non è che mi potessi dare alla pazza gioia. Di conseguenza la Sacher non l’ho potuta fare né tanto meno mangiare. Triste destino!

Di ricette per questa squisita torta al cioccolato ne ho provate tante: la ricetta originale, oppure quella che prometteva ottimi risultati in poco tempo ma in realtà proponevano una semplicissima torta al cioccolato con della marmellata al centro. In cucina ci vuole il tempo che ci vuole, se per preparare una pietanza ci vogliono due ore, due ore bisogna impiegare per prepararla. Non esistono trucchetti per accorciare i tempi, se non avete tempo per cucinare non lo fate!!!

Ritornando alla Sacher… Assaggiai la vera Sacher nel viaggio di istruzione in quarto liceo. La meta era Vienna e Salisburgo. Mi ricordo che l’albergo di Salisburgo in cui alloggiammo era di fronte o vicinissimo all’hotel Sacher. Appena vidi la “Casa della Sacher” feci di tutto per andarci, in barba a ciò che diceva la prof di tedesco, la quale non voleva che il gruppo si dividesse.

La “fuga” nell’albergo di fronte mi costò il 6 e ½ fisso in tedesco fino alla maturità, ma ne valse davvero la pena! La Sacher fatta in quell’albergo non ha paragoni con nessuna altra Sacher al mondo! Solo per mangiare questo dolce paradisiaco vale il viaggio a Salisburgo.

E la ricetta?

Quando tornai a casa, volli subito replicare quel dolce, ma ogni ricetta era soddisfacente e laboriosa, ma non aveva il sapore originale. Dopo anni di prova e di varie ricette posso sostenere che la ricetta più buona in assoluto è quella che ho “saccheggiato” dal sito di Misya, è davvero buona e semplificata rispetto al procedimento vero e proprio. Di seguito lascio il link per leggere la ricetta “originale” di Misya. La foto in questo articolo è invece la Sacher che feci al mio compleanno di due anni fa.

http://www.misya.info/ricetta/sacher-torte.htm

Delicatezza: Mi sa che fuori è primavera

 

“Mi sa che fuori è primavera”, secondo me, è un libro poetico e già dal titolo si intuisce.

Vi ricordate la vicenda delle sorelline svizzere che furono uccise dal padre mentre erano in vacanza? Ebbene, Concita De Gregorio, l’autrice del libro, prende in mano tutta l’inchiesta e, con l’aiuto della mamma delle bambine, la analizza da un altro punto di vista. Un punto di vista alternato tra quello del giornalismo e quello della mamma delle sorelline. È solo un punto di vista, ma, secondo me, fa capire quanto bisogna essere grati alla vita nonostante tutto.

Un libro che davvero fa riflettere. Un libro che racconta di un fatto specifico, ma essenzialmente parla in maniera universale della condizione di noi donne. Ovunque nel mondo.

“Il dolore non uccide”, dice Irina, la mamma. È vero. Il dolore non uccide. Ma neanche fortifica. Io credo che il dolore determini. Determina la capacità di reagire, determina il carattere, ci fa conoscere come siamo realmente. Si, perché proprio nel momento di massimo dolore, si ha quella lucida capacità di decisione che ci porta a cambiare rotta. Nel bene o nel male.

È un libro duro in alcuni passaggi, perché è davvero difficile leggere anche solo una parola del dolore di Irina per la perdita delle sue bambine. Nonostante ciò lei ha saputo mantenere la lucidità necessaria per capire cosa doveva fare, come per esempio il fatto di aver deciso (da sola) di andare immediatamente da uno psicologo per affrontare tutto ciò. E grazie alla sua determinazione, generata dal dolore, è riuscita non solo ad andare a chiedere personalmente a coloro che si occupavano dell’inchiesta ma anche è riuscita a vedere che oltre quell’ inverno (la tragedia) c’era una primavera ad aspettarla. Ovvio che non sarebbe più stata la primavera gioiosa e colorata, ma un po’ meno gioiosa e meno colorata, ma pur sempre sarebbe stata una primavera.

Consiglio:

da leggere, perché fa cambiare il modo di pensare.